La disconnessione sul lavoro è il diritto dei lavoratori di non essere rintracciabili o contattati al di fuori del loro orario di lavoro e durante il periodo di riposo, al fine di stabilire confini chiari tra vita lavorativa e vita privata.
Questo concetto, reso cruciale dall’avvento di tecnologie e lavoro da remoto, mira a ridurre lo stress, prevenire il burnout e migliorare il benessere psicofisico, promuovendo un maggiore equilibrio tra lavoro e vita personale.
A parte la legge del 6 maggio 2021, n. 61 che stabilisce:“[…] è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi.”
Dal fascicolo Iter DDL S 1290 del Senato, primo firmatario il senatore Filippo Sensi, pubblicato il 10 ottobre 2025, assegnato alla Commissione e non ancora iniziato l’esame, emerge che trattasi di una questione di interesse della Medicina del Lavoro in quanto dalla relazione illustrativa viene sottolineata una diretta conseguenza dei processi legati alla “disconnessione” con l’emergere di una diffusa consapevolezza della necessità di trovare un giusto equilibrio e contemperamento tra le nuove opportunità offerte dall’innovazione tecnologica e il rispetto della sfera privata del lavoratore e del controllo del proprio tempo libero.
Nel documento vengono indicati i rischi di stress e disturbi legati al lavoro, quali il tecnostress, ovvero lo stress derivato da un utilizzo lavorativo non corretto delle nuove tecnologie, che porta a sovraccaricare i flussi di informazione generando ansia, insonnia e mal di testa o la sindrome da burnout, ovvero un grave logorio psichico ed emotivo derivato dallo stress lavorativo che può sfociare in disturbi dissociativi, aggressività e svariate problematiche fisiche, nonché l’abbassamento della produttività
La disconnessione comporta: Non rispondere alle comunicazioni, a e-mail, chiamate o messaggi di lavoro durante gli orari non lavorativi, senza che questo comporti conseguenze negative; Non essere sollecitati da datori di lavoro e colleghi al di fuori del normale orario di lavoro; Protezione della sfera privata garantendo che i confini tra la vita lavorativa e quella personale siano mantenuti, evitando la permeabilità del tempo di lavoro in quello personale.
In questo modo si otterrà benessere psicofisico consentendo ai lavoratori di riposare e ricaricarsi, favorendo una produttività maggiore a livello aziendale
In Italia, il diritto alla disconnessione, ha conosciuto un’ottima evoluzione:
• Nel 2017, la legge 81, presenta la tematica per la prima volta, tuttavia, senza riuscire a risolverla. Con questa norma infatti, l’organizzazione dei tempi di riposo del lavoratore, dipendeva da un accordo tra datori e dipendenti. Non era, dunque, sufficiente per una vigile regolamentazione.
• Il 13 maggio 2020, il tema è riaperto dal Garante della Privacy, che ha sostenuto la validità della norma. Essa esalta una delle più antiche conquiste del lavoro tradizionale, vale a dire, la distinzione degli spazi della vita privata da quelli della vita professionale.
• Il 13 marzo 2021, è stato emanato il decreto numero 30, convertito in legge a maggio dello stesso anno. I lavoratori possono scollegarsi dalle strumentazioni e piattaforme informatiche, senza rischiare di avere conseguenze negative sulla retribuzione o sul rapporto di lavoro. In altre parole: non rispondere alle comunicazioni oltre l’orario non deve più creare timore.
• Il 7 dicembre 2021, infine, è stato approvato il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile”, secondo il quale, il lavoro smart-working deve essere organizzato in fasce orarie e garantire una fascia di disconnessione. Anche in caso di assenze legittime, come permessi, ferie o malattie, il lavoratore ha diritto a “staccare la spina” dai propri dispositivi, e non è obbligato a rispondere alle comunicazioni prima di riprendere l’attività.
