Angela Mucciolo, Dottore in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali
Claudio Mucciolo, ASL di Salerno, Dipartimento di Prevenzione – Direttore f.f. UOC Igiene e Sicurezza Alimenti di O. A.
I mutamenti climatici, l’alterazione e la trasformazione degli ecosistemi naturali, la maggiore suscettibilità alle infezioni da parte dell’uomo, dovuti ai cambiamenti nelle abitudini di vita, di lavoro e di relazione, hanno favorito negli ultimi anni una maggiore e diversificata diffusione delle zecche su tutto il territorio nazionale con una conseguente circolazione, non sempre controllabile, dei patogeni da esse trasmessi. L’attività delle zecche è strettamente legata ai valori di temperatura e umidità e, sebbene ci siano alcune eccezioni, in generale la loro attività si concentra nei mesi caldi. Infatti, durante la stagione invernale tendono a proteggersi dal freddo rifugiandosi sotto le pietre o interrandosi in profondità. Le zecche molli possono svernare nelle fessure delle rocce o nelle crepe dei muri di pollai e ricoveri per animali. Con l’aumento delle temperature le zecche tornano ad essere attive e lo rimangono fino all’autunno successivo. Tuttavia i cambiamenti climatici in atto possono far variare il periodo di attività delle zecche secondo le situazioni locali. Le zecche sono importanti vettori di agenti patogeni (batteri, virus e parassiti) responsabili di un ampio gruppo di malattie, che rivestono da sempre una notevole importanza in campo zootecnico e agricolo-forestale e le malattie trasmesse rappresentano un crescente problema di salute pubblica in Europa [1].
Gli agenti infettivi trasmessi da vettori possono anche essere trasmessi tramite trasfusione di sangue e trapianto di organi, il che ha sollevato preoccupazioni circa la minaccia rappresentata dalle malattie trasmesse da zecche per la sicurezza dell’ambiente [2,3].
Attualmente si sta assistendo a un aumento dei casi umani di malattie trasmesse da zecche a causa sia dei cambiamenti ecologici, che hanno determinato una maggiore distribuzione delle stesse, sia di un intensificarsi delle attività all’aperto, che hanno incrementato l’esposizione dell’uomo al morso di zecche vettrici, sia dell’aumento di soggetti sensibili a questo tipo di infezioni, come le persone immunodepresse. Le zecche sono artropodi, appartenenti all’ordine degli Ixodidi compreso nella classe degli Aracnidi, la stessa di ragni, acari e scorpioni. Si tratta di parassiti esterni, delle dimensioni che variano da qualche millimetro a circa 1 centimetro secondo la specie e lo stadio di sviluppo. Il corpo tondeggiante e il capo non distinguibile dal corpo, è munito di un apparato boccale (rostro) in grado di penetrare la cute e succhiare il sangue degli ospiti. In genere le zecche non sono molto selettive nella scelta dell’organismo da parassitare, ma possono scegliere diverse specie animali dai cani ai cervi, agli scoiattoli fino all’uomo; le stesse specie che si nutrono su grandi mammiferi possono parassitare anche gli uccelli quando sono nello stadio di larva e ninfa. Il pasto di sangue, durante il quale la zecca rimane costantemente attaccata all’ospite, si compie nell’arco di ore per le zecche molli, di giorni o settimane per quelle dure. Le zecche non saltano e non volano sugli ospiti sui quali si nutrono ma generalmente si portano sull’estremità delle piante erbacee o dei cespugli aspettando il passaggio di un animale al quale aggrapparsi (uomo incluso). Grazie all’anidride carbonica emessa e al calore del corpo, questi parassiti possono avvertire la presenza di un possibile ospite e vi si insediano conficcando il rostro nella pelle cominciando a succhiarne il sangue. La puntura è generalmente indolore perché le zecche inoculano nell’ospite una certa quantità di saliva che contiene principi anestetici. Generalmente le zecche rimangono attaccate all’ospite per un periodo che varia tra i 2 e i 7 giorni e poi si lasciano cadere spontaneamente. Le zecche sono in grado di trasmettere all’uomo gli agenti patogeni responsabili di alcune patologie, quali: la borreliosi di Lyme, l’ehrlichiosi, le febbri bottonose da rickettsiae, la tularemia, la febbre Q, la babesiosi, l’encefalite virale ed anche la febbre emorragica Crimea-Congo, associata in particolare a specie del genere Hyalomma.
Con l’inizio della bella stagione le zecche abbandonano lo stato di quiescenza invernale e si avviano alla ricerca di un ospite da parassitare. Nei mesi primaverili ed estivi è quindi più frequente imbattersi nel cosiddetto “morso da zecca”. La puntura della zecca non è di per sé pericoloso per l’uomo, i rischi sanitari dipendono invece dalla possibilità di contrarre infezioni trasmesse da questi animali in qualità di vettori.
Le patologie infettive veicolate da zecche che presentano rilevanza epidemiologica nel nostro Paese sono principalmente:
- L’ encefalite da zecca o TBE (trasmessa principalmente dalla zecca dei boschi)
- La malattia di Lyme (trasmessa principalmente dalla zecca dei boschi)
- La rickettsiosi (trasmessa principalmente dalla zecca del cane)
- La febbre ricorrente da zecche
- La tularemia
- La meningoencefalite da zecche
- L’ehrlichiosi
La maggior parte di queste malattie può essere diagnosticata esclusivamente sul piano clinico, ma una pronta terapia antibiotica, nelle fasi iniziali, è generalmente risolutiva in particolar modo per le forme a eziologia batterica. Solo raramente (fino al 5% dei casi) e in soggetti anziani o bambini queste infezioni possono essere pericolose per la vita. La diagnosi e la gestione clinica richiedono, oltre a un livello elevato di competenza, anche una sinergica collaborazione tra servizi medici e veterinari, in modo da facilitare un adeguato e proficuo scambio di informazioni e garantire un approccio One Health al problema. Il recente sviluppo di metodi diagnostici ha determinato nuovi possibili scenari relativi alla diffusione delle infezioni nelle popolazioni animali e umane e al rapporto tra ospite e vettore.
Focus encefalite da zecche (TBE)
La TBE è considerata una delle più importanti malattie virali neurologiche e potenzialmente letali trasmesse da zecche, con migliaia di casi segnalati ogni anno in Europa [4,5]. Il sierocomplesso della TBE comprende il virus dell’encefalite da zecche (Orthoflavivirus encephalitidis TBEV), il virus della malattia di Louping (Orthoflavivirus loupingi), il virus Powassan (Orthoflavivirus powassanense), il virus della malattia della foresta di Kyasanur (Orthoflavivirus kyasanurense) e la sua variante correlata, il virus Alkhurma, e il virus della febbre emorragica di Omsk (Orthoflavivirus omskense) [6].
L’encefalite da zecche (TBE) è un’infezione virale trasmessa principalmente attraverso la puntura di zecche o il consumo di latticini non pastorizzati provenienti da bestiame infetto. Rappresenta un crescente problema di salute pubblica in Europa, con migliaia di casi segnalati ogni anno.
La TBE è una malattia soggetta a notifica nell’UE/SEE (Unione Europea/Spazio Economico Europeo), con 28.680 casi confermati segnalati nel periodo 2013-2022, la maggior parte dei quali autoctoni acquisiti localmente. Il tasso medio di notifica nei paesi UE/SEE durante questo periodo variava da 0,01 a 16,83 casi ogni 100.000 abitanti. Il picco dei casi si verifica tra aprile e novembre, in concomitanza con l’attività delle zecche e le attività umane all’aperto. Oltre due terzi delle infezioni da TBEV rimangono asintomatiche, sebbene la percentuale esatta sia incerta poiché la malattia clinica lieve non viene spesso diagnosticata. I casi sintomatici si presentano generalmente come una malattia bifasica con una fase iniziale simil-influenzale seguita da una seconda fase caratterizzata da infiammazione del sistema nervoso centrale. Il tasso di mortalità della TBE è inferiore al 2%, generalmente riportato allo 0,5%. Tuttavia, sono state segnalate sequele a lungo termine nel 10-40% dei pazienti con sintomi neurologici.
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), ha pubblicato una valutazione sull’encefalite da zecche (TBE), concentrandosi sui rischi di trasmissione del virus TBE (TBEV) attraverso sostanze di origine umana (SoHO) come sangue, organi, tessuti e cellule.
Sebbene la trasmissione del virus TBE attraverso SoHO sia documentata, la valutazione suggerisce che tali eventi sono estremamente rari. In particolare, sono stati segnalati due casi tramite trasfusione di sangue da un singolo donatore e tre tramite trapianto di organi, sempre da un singolo donatore. Sebbene non sia possibile valutare il rischio di trasmissione del virus TBE tramite trasfusione di sangue, la probabilità che la trasmissione del virus TBE tramite trasfusione di sangue porti a una malattia sintomatica è considerata molto bassa. Anche il rischio di trasmissione del virus TBE tramite trapianto di organi è considerato basso. In assenza di casi segnalati, il rischio di trasmissione del virus TBE tramite trapianto di tessuti e cellule non può essere valutato. L’ECDC sottolinea che, sebbene possano essere prese in considerazione misure preventive durante i periodi di trasmissione del virus TBE, permangono incertezze dovute a notevoli lacune nella ricerca. Le raccomandazioni includono il rinvio dei donatori di sangue che segnalano recenti punture di zecca per 28 giorni e l’esecuzione di test sierologici e molecolari per il virus TBE nei donatori di organi, tessuti e cellule che potrebbero essere stati esposti. Inoltre, l’aumento dei tassi di vaccinazione nelle aree altamente endemiche potrebbe rafforzare la sicurezza generale per quanto riguarda la trasmissione del virus TBE tramite SoHO.
Il virus dell’encefalite da zecche (TBEV) appartiene alla famiglia dei Flaviviridae; genere Orthoflavivirus, specie Orthoflavivirus encephalitidis [10].
Sulla base delle sequenze genomiche, sono stati definiti cinque sottotipi principali. Il sottotipo europeo (TBEV-Eu) circola nell’Europa occidentale, centrale, settentrionale e orientale; il sottotipo siberiano (TBEV-Sib) si trova principalmente in Siberia e nell’estremo oriente russo; il sottotipo estremo orientale (TBEV-FE) circola principalmente nell’estremo oriente russo, in Cina e in Giappone. Tuttavia, sia il TBEV-Sib che il TBEV-FE sono stati recentemente isolati anche nell’Europa nord-orientale [12,13]. Recentemente, sono stati descritti altri due sottotipi [5]: il Baikaliano (TBEV-Bkl) e l’Himalayano (TBEV-Him). In Europa, il TBEV è trasmesso all’uomo principalmente dalle zecche Ixodes ricinus. In alcune parti dell’Europa orientale e nord-orientale, in Russia e nell’estremo oriente dell’Asia, il vettore più frequentemente descritto è Ixodes persulcatus [12].
A seconda del periodo dell’anno e della posizione geografica, la percentuale di zecche infette varia; nell’Europa centrale circa dallo 0,1% al 5%, e in Siberia fino al 40% delle zecche sono portatrici di TBEV [1,4]. I principali serbatoi del virus sono piccoli vertebrati selvatici (ad esempio roditori), sebbene anche mammiferi più grandi, come i cervi selvatici, siano importanti serbatoi per le zecche adulte [14]. Le vie di infezione più comuni per l’uomo sono le punture di zecche infette, solitamente da aprile a novembre, o il consumo di latte crudo o di latticini provenienti da bestiame infetto da TBEV, quest’ultimo che generalmente porta a focolai localizzati [7,15]. Le popolazioni a rischio di punture di zecche sono quelle che svolgono attività ricreative o professionali all’aperto (ad esempio giardinaggio, caccia, pesca, campeggio, silvicoltura, (agricoltura, esercito). La trasmissione da uomo a uomo è estremamente rara ed è stata segnalata tramite trasfusione di sangue o trapianto di organi. La trasmissione dalla madre al neonato attraverso il latte materno è probabile, ma non confermata [7,16,17]. Sono stati segnalati alcuni casi di infezioni da TBEV acquisite in laboratorio [7].
Epidemiologia nell’UE/SEE
La TBE è diventata soggetta a notifica a livello UE/SEE nel 2012 e i casi umani devono essere segnalati al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) secondo la definizione di caso UE [18]. I dati vengono raccolti attraverso il Sistema europeo di sorveglianza (TESSy). I casi confermati sono definiti come qualsiasi persona con sintomi di infiammazione del sistema nervoso centrale (SNC) e anticorpi specifici per la TBE, immunoglobuline M (IgM) e immunoglobuline G (IgG) nel sangue, o anticorpi IgM specifici per la TBE nel liquido cerebrospinale (CSF), o sieroconversione o aumento di quattro volte degli anticorpi specifici per la TBE in campioni di siero appaiati, o rilevamento dell’acido nucleico virale della TBE in un campione clinico, o isolamento del virus della TBE da un campione clinico. Sulla base dei dati raccolti tramite TESSy, tra il 2013 e il 2022 sono stati segnalati 28.680 casi confermati di TBE in 29 Paesi, con una media di 2.868 casi confermati segnalati ogni anno. La frequenza delle segnalazioni variava da Paese a Paese, passando dalla segnalazione di dati per tutti gli anni alla mancata segnalazione di dati. Tre Paesi UE/SEE (Islanda, Malta e Liechtenstein) non hanno segnalato alcun caso durante questo periodo e un Paese (Cipro) non ha fornito alcun dato. La stragrande maggioranza dei casi confermati, 26.823 (93,5%), è stata contratta localmente (anche chiamati casi autoctoni), il che significa che sono stati diagnosticati nel Paese in cui si è verificata l’infezione. Il numero più elevato di casi confermati è stato segnalato nel 2020 (3.751) Tabella 1.
Il numero di casi confermati segnalati è stato più elevato nella fascia di età compresa tra 45 e 64 anni ed è stato costantemente più elevato per gli uomini in tutte le fasce d’età. Il rapporto complessivo tra uomini e donne nei casi confermati segnalati era di 1,5:1.
La TBE è endemica nelle regioni settentrionali, centrali e orientali dell’UE/SEE. La Figura 1 fornisce la distribuzione geografica dei tassi di notifica per i casi confermati di TBE acquisiti localmente per Paese, ove disponibile. I tassi di notifica per Paese devono essere interpretati con attenzione, poiché la TBE ha un’endemicità focale. Ad esempio, in Germania la maggior parte dei casi viene segnalata nelle regioni meridionali, mentre in Lituania i casi vengono segnalati in tutto il Paese.
Tabella 1. Tassi di notifica dei casi confermati di TBE nei paesi UE/SEE ogni 100.000 abitanti, per anno, 2013-2022

ND: Nessun dato segnalato. NC: Non calcolato.
Regressione logaritmica lineare dei tassi di notifica nel periodo 2013-2022. La regressione logaritmica lineare è stata eseguita solo per i Paesi che hanno segnalato dati e registrato più di zero casi per ogni anno.
Figura 1. Tassi medi di notifica dei casi confermati di TBE acquisita localmente ogni 100.000 abitanti, Paesi UE/SEE, 2013-2022

Tasso per luogo di infezione segnalato (n/100 000)
m Not lncluded
‘7 0,00
- >O.OIH ,00
- 1.01-s.oo
- s. OJ-1 5. 00
- >15.00
Paesi non visibili
nell’estensione della mappa principale: Lussemburgo, Malta e Liechtenstein
Quadro clinico
Oltre due terzi degli individui infetti da TBEV possono rimanere asintomatici, sebbene la percentuale esatta sia sconosciuta poiché spesso non viene diagnosticata una malattia clinica lieve [19,20]. Il periodo di incubazione varia da 2 a 28 giorni ed è solitamente di 7-14 giorni. Le infezioni sintomatiche da TBEV possono presentarsi con un decorso bifasico o monofasico. La prima fase è solitamente caratterizzata da una malattia simil-influenzale con febbre, mal di testa e mialgia. La malattia può poi progredire verso una seconda fase che comporta un’infiammazione del sistema nervoso centrale (SNC), tipicamente con meningite asettica, meningoencefalite o meningoencefalomielite. Una fase intermedia, afebbrile, può verificarsi tra le due fasi. La meningite è la manifestazione più comune dell’infiammazione del SNC, mentre poco meno del 50% dei pazienti con coinvolgimento del SNC svilupperà un’encefalite. L’encefalite può manifestarsi in concomitanza con la mielite in meno del 10% dei pazienti con sintomi neurologici [1]. La forma monofasica della malattia si presenta con un rapido coinvolgimento del SNC o, al contrario, con una forma autolimitante della malattia senza infiammazione del SNC, descritta come “cefalea febbrile” [15,21]. La forma bifasica della malattia è segnalata più frequentemente rispetto alla forma monofasica tra i pazienti sintomatici. In Europa, le infezioni da TBEV-Eu segnalate provocano generalmente una forma lieve di TBE con un decorso bifasico fino al 70% dei pazienti infetti [22]. Il tasso di mortalità riportato è inferiore al 2%, generalmente intorno allo 0,5% [1,5,20].
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