Il Decreto legislativo 62/2024 che ha “rivoluzionato la normativa nel mondo delle disabilità, introduce anche il concetto di “accomodamento ragionevole”, che, con accorgimenti non eccessivi, garantisce l’abbattimento delle barriere per le persone con disabilità nell’ambiente di lavoro, attraverso l’analisi della congruità occupazionale.
Il riconoscimento di questo istituto prevede la presentazione di una domanda e viene attivato in via sussidiaria, senza sostituire né limitare il diritto al pieno accesso alle prestazioni, servizi e sostegni riconosciuti dalla legislazione vigente.
Salerno è una delle nove città italiane in cui è stato avviato quest’anno la sperimentazione del 62/2024, rispetto al resto del Paese, il cui inizio è previsto per il 1 gennaio 2026.
Istituzioni pubbliche ed associazioni di categoria, consapevoli delle grosse novità, sono pronte per decollare.
L’accomodamento ragionevole: cos’è e a chi riguarda
Come indicato dalla Convenzione ONU del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità e dalla Direttiva 2000/78/CE, l’accomodamento ragionevole rappresenta l’insieme dei provvedimenti appropriati in funzione delle esigenze concrete, messi in atto per consentire al lavoratore disabile di svolgere un’attività lavorativa su base di uguaglianza con gli altri, senza limiti o discriminazioni imposte da barriere comportamentali o ambientali.
L’Accomodamento ragionevole è assolutamente in sintonia con la nuova definizione legata al D.Lgs. 62/2024 di “persona con disabilità” che recita “E’ quella persona che presenta durature compromissioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri”.
Le sentenze della Corte di giustizia europea del l’11 aprile 2013 (C 335/11) e del 4 luglio 2013 (C 312/11) hanno chiarito che il concetto di disabilità è molto ampio e non riguarda solo le condizioni riconosciute dalle specifiche normative di settore (cosiddette categorie protette), ma tutti i casi in cui una persona non può svolgere appieno la propria attività lavorativa per problemi di salute fisica o mentale. Rientrano pertanto in tale ambito:
-i lavoratori con disabilità accertata in base alla normativa specifica (D.Lgs. 62/2024), che siano assunti o meno come categoria protetta;
– i lavoratori riconosciuti invalidi a causa di infortunio o malattia professionale;
– i soggetti cosiddetti fragili o comunque affetti da patologie croniche;
– i lavoratori parzialmente o totalmente inidonei alla mansione specifica (così come certificato dal medico competente);
– i lavoratori parzialmente o totalmente inidonei alla qualifica (così come certificato dalle commissioni o dai collegi medico-legali ex art. 5 della L. 300/1970).
In tutte questi casi l’accomodamento ragionevole rappresenta semplicemente l’adattamento del lavoro al lavoratore con patologie e/o disabilità.
Rispetto all’approccio tradizionale della medicina del lavoro, l’accomodamento ragionevole:
– non è solo la riduzione dei rischi lavorativi (adottando ulteriori misure di prevenzione per limitare i livelli di esposizione, o escludendo le attività a maggior rischio) ma riguarda anche gli aspetti organizzativi, il contenuto e le modalità del lavoro;
– non mira semplicemente ad assicurare al lavoratore un’attività meno nociva, o meno gravosa, ma a consentirgli di continuare a svolgere, senza pregiudizio per la salute, il lavoro per cui è stato assunto e formato (nella propria mansione o in un’altra mansione compatibile);
– non ha solo l’obiettivo di mantenere posto di lavoro e retribuzione, ma di valorizzare talento e competenze in una logica di inclusione, che impedisca ogni forma di discriminazione.
Secondo le nuove previsioni, l’interessato (persona con disabilità) ha facoltà di presentare istanza scritta al soggetto obbligato – ad esempio, il datore di lavoro – per l’adozione di un accomodamento ragionevole, anche formulando una proposta la cui possibilità di accoglimento dovrà essere verificata previamente all’adozione di una decisione.
L’istante ha diritto di essere coinvolto nel procedimento e nelle valutazioni per l’adozione degli accomodamenti, che devono essere individuati secondo un criterio di ragionevolezza, non potendosi imporre un onere sproporzionato rispetto alla sostenibilità organizzativa ed economica dell’impegno richiesto, in un’ottica di proporzionalità.
La recente riforma prevede che al rifiuto ingiustificato di adottare gli accomodamenti ragionevoli è possibile reagire con ricorso all’autorità giudiziaria (legge n. 67 del 2006) e, adesso, anche con richiesta alla recentemente istituita Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, e all’Autorità Garante Regione Campania dei diritti delle persone con disabilità, volte alla verifica della discriminatorietà del rifiuto.
Questo approccio comporta importanti cambiamenti culturali soprattutto in ambito lavorativo, soprattutto nella fase di esame dei ricorsi da parte degli interessati:
– per i soggetti aziendali che gestiscono la produzione (datori di lavoro e dirigenti) i quali devono adattare l’organizzazione del lavoro alle esigenze individuali connesse alle condizioni di salute del lavoratore e per le risorse umane e i preposti che debbono calare le disposizioni nella realtà produttiva quotidiana;
– per il RSPP che, nella valutazione dei rischi e nella definizione delle misure preventive e protettive, deve tenere conto anche dei lavoratori con disabilità o patologie che limitano l’idoneità lavorativa;
– per il medico competente che non può più limitarsi ad indicare limitazioni e prescrizioni che tutelino adeguatamente il lavoratore, ma deve contribuire ad individuare una utile collocazione del lavoratore nel ciclo produttivo che sia compatibile con le esigenze di salute;
– per il lavoratore disabile o inidoneo (parzialmente o totalmente) che deve collaborare attivamente per rimodulare la propria mansione, anche quando questo comporta un allungamento dei tempi o un cambiamento delle procedure, evitando invece di sottovalutare i propri problemi di salute, o al contrario di cercare sgravi o benefici estranei alla soluzione dei problemi;
– per tutti gli altri lavoratori su cui possono ricadere conseguenze dell’adattamento dell’organizzazione del lavoro alle esigenze del lavoratore disabile o inidoneo (si pensi ad esempio alla ripartizione dei turni o dei carichi di lavoro) e che devono per questo essere coinvolti nei processi di inclusione, evitando ogni forma di stigma.
La tematica è molto ampia e travalica i confini delle politiche aziendali di salute e sicurezza entrando a far parte delle politiche riguardanti una gestione del personale attenta alla diversità ed inclusione (ISO 30415) e l’istituzione della figura del disability manager che affianca i ruoli aziendali già preposti.
Proprio la norma ISO 30415 indica tra le condizioni di diversità, l’età, il genere e le disabilità per le quali le politiche di inclusione prevedono azioni di aggiustamento alle esigenze individuali, quali adattamento degli ambienti, degli orari, delle attrezzature, ecc.
Come in tutti i modelli di sistemi di gestione, anche questo richiede il coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali, la condivisione degli obiettivi, la definizione di regole e procedure.