A margine dell’inclusione lavorativa di una persona con disabilità non si può fare a meno di  considerare obbligatoriamente la norma ISO 30415. Si tratta di uno standard internazionale che fornisce linee guida per la gestione della diversità e dell’inclusione (D&I) nelle organizzazioni che aiuta le aziende di qualsiasi settore e dimensione a implementare un approccio inclusivo per valorizzare le diversità nell’ambiente di lavoro. 

Essa, infatti,  definisce principi e best practice per la gestione della diversità e dell’inclusione, coprendo aree come la pianificazione della forza lavoro, la retribuzione, l’assunzione, l’inserimento, la formazione e lo sviluppo all’interno delle organizzazioni, guidandole nella definizione di obiettivi strategici sostenibili dal punto di vista sociale e nel costruire relazioni più inclusive con gli stakeholder. 

La norma, elaborata qualche anno fa, aiuta a identificare e mitigare i rischi legati a comportamenti discriminatori e a creare un ambiente di lavoro più sereno e produttivo, offrendo un quadro di riferimento per valutare e migliorare continuamente il proprio approccio alla diversità e all’inclusione, aumentando la fiducia dei dipendenti e degli stakeholder. 

Non è una norma certificabile, ma può essere oggetto di attestazione da parte di un ente indipendente, che verifica la conformità del sistema aziendale ai requisiti in essa dettati, rendendola  uno strumento prezioso per le aziende che desiderano creare un ambiente di lavoro inclusivo, valorizzare le diversità e migliorare le proprie performance, sia sul piano sociale che su quello economico. 

Attraverso il contributo delle figure indicate da una recente sentenza della Corte di Cassazione del gennaio scorso in cui viene auspicata la “costruzione” di un “progetto personalizzato” per i lavoratori con disabilità alla luce del d.lgs.62/2024, si avvierà un compiuto percorso di  adattamento del posto di lavoro che comporta il cambiamento delle condizioni in modo che il lavoro possa essere eseguito senza problemi da una persona disabile.

Le soluzioni, che rientrano nelle misure dell’adattamento ragionevole indicato nel medesimo decreto legislativo,  vanno dall’eliminazione delle barriere fisiche, all’aggiustamento di spazi, illuminazione o mobili, alla flessibilità dei turni in modo da agevolare le azioni lavorative della persona con disabilità.

L’aggiustamento del posto di lavoro viene svolto secondo i criteri dell’ergonomia. Applicata a gruppi speciali, l’ergonomia adatta l’ambiente di lavoro alle caratteristiche delle persone, tenendo conto delle loro capacità e limitazioni. La sua applicazione è collettiva, pertanto ha una funzione preventiva e di miglioramento dell’organizzazione e della produttività.

Hanno bisogno di un adattamento del posto di lavoro: lavoratori con disabilità o invalidità permanente; lavoratori con ridotta capacità che, per incidente o malattia hanno subito una diminuzione della loro capacità di eseguire il lavoro che svolgevano in precedenza; lavoratori con disabilità sopraggiunta a posteriori. In questo gruppo si possono anche includere le lavoratrici gestanti, quelle che ricominciano a lavorare dopo il parto o quelle che sono in allattamento; lavoratori che, pur non essendo riconosciuti disabili o disabili, sono sensibili a determinati rischi presenti sul posto di lavoro (allergie, disturbi sensoriali, ecc.)

In tutti i casi è il lavoro che deve essere adattato a una persona e non viceversa, per soddisfare i seguenti obiettivi: l’attività richiesta non deve essere maggiore delle capacità dell’individuo; la postazione deve essere accessibile in ogni modo; il lavoro non deve peggiorare la salute del lavoratore

Per adattare il posto di lavoro serve innanzitutto un supporto logistico per superare le difficoltà che un lavoratore può incontrare nello svolgere determinati lavori. Queste misure comprendono la riorganizzazione e la modifica delle attività e l’uso di un servizio di supporto, come, ad esempio, una terza persona che aiuti il ​​lavoratore ad arrivare al suo posto, a raggiungere il bagno o che possa comunicare con lui.

Non vanno tralasciati adattamenti contestuali e personali come  la rimozione delle barriere architettoniche che è il modo più ovvio per adattare il posto di lavoro. Una tale azione significa facilitare l’accessibilità del lavoratore a tutte le aree dell’azienda, attraverso  porte, corridoi, ascensori, scale, rampe, ringhiere, barre di sostegno, pavimenti, pareti, finestre, bagni e servizi igienici. Un altro degli adattamenti più comuni comporta quello di sedie e tavoli, l’aggiunta di suoni di avvertimento su ascensori e rampe, la messa a punto di dispositivi di apertura automatica su porte pesanti o l’installazione di campanelli alla portata di chi usa una carrozzina.

Con la norma antidiscriminatoria che obbliga i datori di lavoro ad adottare provvedimenti che accomodano le esigenze dei disabili e promuovono l’uguaglianza tra i lavoratori, il datore di lavoro deve farsi carico di questi costi, che possono essere evitati solo nel caso in cui questi richiedano da parte dell’azienda un onere finanziario sproporzionato.

Tuttavia, i datori di lavoro possono richiedere degli sgravi sui costi per l’adattamento del posto di lavoro attraverso Fondi regionali diversificati nelle diverse realtà del Paese come: contributi agli enti che svolgono attività rivolte al sostegno e l’integrazione lavorative delle persone disabili; contributi per l’adozione di accomodamenti ragionevoli in favore dei lavoratori con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, incluso l’apprestamento di tecnologie di telelavoro o la rimozione delle barriere architettoniche e per l’istituzione del responsabile dell’inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro.

Domenico Della Porta – Disability Manager Università degli Studi di Salerno