Se entro il 2030 saranno centrati gli obiettivi dello Sviluppo Sostenibile in termini di riduzione dei cattivi stili di vita l’effetto sarà una possibile riduzione dell’incidenza della disabilità di circa 500mila casi entro il 2050. Tale riduzione ridurrebbe di circa -10% nel numero di persone da curare e da assistere (- 3 mld di spesa pubblica e -1,2 mld di spesa privata), ha precisato in una recente pubblicazione l’Istituto Nazionale per le Analisi delle Politiche Pubbliche.

Questo significa che i determinanti della salute, fattori che, per definizione, influenzano lo stato di salute e determinano stati di  salute differenti o disuguaglianze sanitarie, diventano veri e propri “accomodamenti ragionevoli”.

I determinanti di salute sono molti e vari e includono, ad esempio, fattori naturali e biologici (es. Età, sesso ed etnia); comportamento e stili di vita (es. fumo, consumo di alcol, dieta ed esercizio fisico), ambiente fisico e sociale (es. qualità abitativa, luogo di lavoro e più ampio ambiente urbano e rurale) e accesso all’assistenza sanitaria. Tutti questi sono strettamente interconnessi e le differenze nella loro distribuzione portano a disuguaglianze di salute.

Il 60 per cento di malattie croniche, il 40 per cento di malattie oncologiche sono dovute a stili di vita non corretti. Gli stili di vita sono le abitudini che caratterizzano un individuo o un gruppo di individui. Possono influenzare la salute, il benessere e il rischio di sviluppare malattie croniche o tumorali. 

Se dal lato della spesa sanitaria l’incremento atteso nei prossimi anni non sembra essere così imponente, come da più parti ventilato, la vera sfida, ha aggiunto,  è quella della spesa sociale destinata all’assistenza agli anziani e alle persone disabili. In questo settore il nostro Paese sta mostrando evidenti segni di difficoltà, dedicando somme sempre decrescenti a fronte di bisogni crescenti. Manca una corretta e puntuale mappatura dei bisogni di salute negli ambienti di vita e di lavoro.

I familiari che si prendono cura di adulti anziani, malati, disabili sono oltre 2.800.000 (è una responsabilità che grava sul 9,4% delle donne di 18-64 anni e sul 5,9% degli uomini). Le persone anziane che necessitano di aiuto al domicilio per le loro funzioni di vita quotidiana (mangiare, lavarsi, vestirsi..) nel 54% lo ricevono da loro familiari, nel 43% da una persona a pagamento, nel 3% da personale dei servizi pubblici. Per quanto riguarda le badanti, sempre nel nostro paese, ce ne sono 860 mila, di cui il 90% sono straniere”.

Non dimentichiamo, infatti, che gli accomodamenti ragionevoli sono modifiche e adattamenti che consentono alle persone con disabilità di partecipare alla vita lavorativa e sociale in modo uguale agli altri: sono modifiche fisiche e comportamentali  che non impongono un onere eccessivo; sono misure efficaci e pratiche; sono attuate secondo i principi di proporzionalità e uguaglianza; sono finalizzati a eliminare le barriere fisiche, culturali e relazionali che ostacolano la piena partecipazione della persona e del lavoratore con disabilità.